25 Ago L’anno di Beverly Pepper. La grande scultrice in trionfo fra L’Umbria e Venezia
Un vecchio cliché raccomanda di non chiedere l’età ad una signora. Ma per Beverly Pepper da Brooklyn, classe 1922, il tempo è “semplicemente” lo spazio occupato dalla sua arte, e soprattutto da un’attività – altro luogo comune polverizzato a pieni voti – per convenzione ritenuta poco muliebre: la scultura. Imponente, monumentale. Come quelle quattro Todi columns che, sfidando il cielo, dalle fucine di Terni nel 1979 “atterrarono” nel cuore medievale della città. Quattro giganteschi “alieni” d’acciaio, realizzati da un’artista che, a carriera già avviata (la sua prima personale, presentata da Carlo Levi alla Galleria dello Zodiaco a Roma, data al 1952), aveva incontrato per la prima volta il metallo nel 1962, quando il critico Giovanni Carandente le chiese di realizzare delle opere in ferro da esporre durante il Festival dei Due Mondi di Spoleto. Fu amore a prima vista e, dalle officine Italsider di Piombino all’acciaio Cor-Ten, il passo fu breve, e definitivo.
Intanto un’altra svolta si era silenziosamente insinuata nel destino di Beverly: l’Umbria. Innamoratasi dell’Italia e di quello che sarebbe diventato suo marito, il giornalista e scrittore Bill Pepper, l’americana nel 1970 si stabilì a Todi, dove vive tuttora, lasciando quella Capitale della “Dolce vita” nella quale era entrata in contatto con il milieu culturale (tra cui il gruppo di Forma 1 di Perilli, Consagra, Dorazio e Turcato) e il mondo del cinema. Amici che, poi, finirono spesso col ritrovarsi nel “buen retiro” tuderte della coppia: un antico castello medievale, ideale per un week end di relax o un’amena gita fuori porta. “Nella mia vita – ha dichiarato la scultrice – ho viaggiato in tutto il mondo, ma la sola cosa della quale non riesco a fare a meno è la mia casa-officina a Todi, la mia Beverly’s Hills umbra, come ormai la chiamano tutti quelli che mi vengono a trovare. Qui io e Bill ci sentivamo liberi di creare, io le mie sculture e Bill i suoi libri”.
Ed è proprio la sua città d’adozione ad inaugurare il fitto calendario di eventi – voluti dalla Fondazione Progetti Beverly Pepper in collaborazione con il Comune – che, nell’anno della Biennale, toccheranno anche Venezia. Da sabato 8 nella Sala delle Pietre, la grande monografica curata da Massimo Mattioli, Beverly Pepper tra Todi e il mondo, offrirà un’esaustiva panoramica su una carriera costellata di riconoscimenti e partecipazioni internazionali, in primis la Biennale (1972) e Documenta (1977). La prima tranche del progetto proporrà, oltre ad una “biografia per immagini” costituita dagli scatti di Gianfranco Gorgoni (negli affascinanti spazi del Torcolarium, nel complesso museale del Nido dell’Aquila), diverse anteprime: il plastico del Parco monotematico dedicato all’artista – apertura prevista il 14 settembre 2019 – , e l’esposizione di tre opere ivi destinate. Tra gli altri “assaggi” in itinere, le San Martino Altars (1993), colonne di ghisa alte circa tre metri, temporaneamente collocate sulla meravigliosa scalinata della Chiesa di San Fortunato; e, la prossima primavera, un remake delle Todi Columns “com’erano e dov’erano” quattro decenni orsono.
Ancora ai quattro “giganti” è legato l’interludio di lusso in Laguna, che coinciderà con la 58. Esposizione Internazionale d’Arte. La mostra umbra, infatti, traslocherà parzialmente allo Spazio Tethis all’Arsenale, che dagli anni Novanta ospita le Todi Columns originali, donate dall’autrice ai Musei Civici di Venezia.
Dessert di questo “piatto ricco”, infine, l’apertura settembrina del Parco che il Comune di Todi ha voluto per la sua cittadina onoraria: un percorso naturalistico-urbano immerso nel verde, che collegherà Santa Maria della Consolazione con il centro storico, disegnato e progettato appositamente dall’artista, dove troveranno dimora circa venti opere.
“È con immensa gioia – dice Beverly Pepper – che guardo a questo nuovo progetto per Todi, una nuova energia per la città che sposa la sua storia con il mio percorso di artista, impegnata da sempre nei progetti di Land Art a creare un legame vitale tra le sculture ed il contesto naturalistico. Arte e natura che stimolano l’uomo in una ricerca interiore che tende all’infinito”.
Perché, se è vero – come ha scritto Mattioli – che “buona parte dell’opera degli ultimi decenni di Beverly Pepper è segnata dalla ruggine”, lo spirito e la passione della “signora d’acciaio” venuta da oltreoceano non sembrano minimamente intaccati dall’usura del tempo.
Anita Pepe
(Articolo di Anita Pepe su ARTSLIFE del 07/12/2018)
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